Qui le cose si fanno serie. Mi prendo il lusso di parlarvi con confidenza. La vita non va mai come vorremmo: è un’ovvietà. Può andare peggio o meglio, non importa, ma mai come ce l’eravamo dipinta. Quando ci penso mi vengono un paio di metri di pelle d’oca. Soprattutto quando penso al momento in cui la mia vita è andata a gambe all’aria e non è mai più tornata sui binari.
Ma tutto può e vuole accadere quando sei un treno senza binari.
Io ero una bambina cicciottella dai grandi occhi verdi, dalle enormi guance colorite, dalle profonde occhiaie scure, dal tutto troppo davvero troppo grande. Ero nata con i capelli nero corvino quasi blu. Ho sempre avuto un mare infinito di capelli. La parrucchiera di mamma ci passava le ore con le mani in mezzo ai miei capelli neri e lisci, ebbene si, ero liscia. Ero una bambina terrorizzata. Ero una pallina di paura. Ero una brava bambina che viaggiava attaccata alla gonna di mamma e che si annoiava a fare la prima elementare perché a quattro anni avevo già i primi rudimenti di lettura e scrittura e a cinque avevo già fatto tutto quello che contava per una alunna di scuola elementare. Ero negata per gli sport. Ero un clown alle feste. Facevo a botte come un maschio. Volevo essere una pediatra poi una veterinaria infine un’attrice. Sono (tra l’altro) un’attrice vegana che racconta storie ai bambini: mi sembra che il cerchio si chiuda perfettamente.
Ero una bambina triste e sognavo moltissimo. Avevo capito che le storie potevano portarmi via, al sicuro. Scrivevo tante storie.
Poi sono arrivate le cotte, le diete, le domande senza risposta, i rifiuti, gli amici troppo grandi, l’astinenza dal cibo, l’ossessione del cibo, il motorino rosso, il fidanzato, le ribellioni, l’ossessione della libertà, le macchine che sfrecciavano senza fermarsi agli stop, le ginocchia malate, il vuoto, il buio, la vita sparita in un attimo: niente più desideri, niente gioia, niente sogni, solo immagini in bianco e nero e un cratere a posto dell’anima. Da allora, fortunatamente, ne ho fatta di strada. Son trascorsi decenni tra cure e cacce alla gioia, ah, si, la gioia, che bella parola. Era anche il nome della mia adorata nonna: Gioia (Giuditta, in realtà, ma tutti la chiamavano Gioia).
La caccia alla gioia è finita. Ne ho una scintilla conservata in fondo al cuore. Per fortuna, non si spegne mai. Una volta trovata la sorgente, al fondo di ogni abisso, ci sarà sempre quella scintilla.
Un giorno, dopo tanto arrancare e senza mai arretrare, mi sono accorta di esser diventata grande lottando per sopravvivere e di non aver realizzato nessuno dei miei obiettivi. Dovevo considerarmi una fallita o, forse, la storia poteva essere scritta e letta in un altro modo? Ho deciso per la libertà. Ho deciso che nessuno avrebbe potuto dirmi cosa fa di me una fallita o una vincente. Ho deciso, preso posizione, mi sono schierata dalla parte della vita, quella vera, quella che va come le pare mentre noi speriamo che le paia bene. Ho deciso che volevo fare della mia sofferenza un inno alla gioia e che avrei ‘aiutato’, con le mie ‘confessioni’, tutti coloro che si sentivano falliti,persi, soli, mostriciattoli in cerca d’autore e simili.
Con la mia fida aiutante, la cana (Flora), vivo le avventure quotidiane di un’esistenza disastrata e meravigliosa, senza pelle, senza paracadute, ma con una grande (e oramai anziana) amica e una scintilla di gioia che non si spegne più, messa lì a indicarmi l’uscita da ogni tunnel.
Se avete bisogno di sentirvi amati, protetti, accolti, voluti per quello che siete, senza riserve, senza conti, solo perché siete le persone giuste arrivate nel posto giusto e al momento giusto, Floppartista fa al caso vostro. Io posso darvi quello che i vincenti non hanno più. Io e Cana saremo presenti, solide, assidue guide dei vostri percorsi tortuosi. Non vi lasceremo la mano, non sarete mai soli.