Vorrei entrare nel negozio di giocattoli e fare quattro chiacchiere con la giovane E., da poco diventata vegana. Vorrei sentire il suono fresco della sua voce. Vorrei sentirla dire allegramente: “Sole, come stai?”. Vorrei rimanere una ventina di minuti a chiacchierare di un giochino che possa placare la curiosità e il movimento perpetuo di mia figlia. Vorrei curiosare, chiacchierare, ficcare il naso come un topolino nello scaffale del formaggio, dico, ficcare il naso nella vita, nella vita della gente, nei loro cuori e vedere, oddio, come vorrei vedere i loro sorrisi. Vorrei uscire dal negozio con un oggettino di poco conto e di grande valore, con un oggettino che catalizzerà l’attenzione della piccola Sole per giorni. “Ciao, buona giornata!”, direbbe E. e non si scorderebbe certamente di indirizzare un saluto personale alla mia bimba. “Ciao, Sole. Fai la brava!”. Ovviamente con tono ironico.

Vorrei dormire, dormire davvero, serena, senza paura di non sapere cosa ne sarà di noi domani. Vorrei sognare, sognare sogni belli, ad occhi chiusi, ma anche ad occhi aperti. Vorrei poter sognare e vorrei sorridere al mio dirimpettaio sul treno della metropolitana. Vorrei sentirmi al sicuro. Quando sto bene e anche quando sto male. Vorrei portare mia figlia al nido e avere il sorriso stampato e non dover ingoiare sgarbi e dispetti e non dover dubitare di averla lasciata nel posto giusto. Vorrei tornare a chiacchierare con la pediatra e sentirmi dire: “Stia tranquilla, signora, le mamme sanno sempre tutto”. Vorrei che mi dicesse che certo, si, la bimba si visita se sta male, perché c’è scritto sul giuramento di Ippocrate. E vorrei, oddio come e quanto vorrei, non dare più lo sgarbo, la scortesia, il bullismo e l’aggressione come scontati. E vorrei non stupirmi della gentilezza.
Vorrei essere rapita da una musica e ballare alla fermata del 766 all’ora di punta. Vorrei andare in vacanza e sentire che si, me la son proprio meritata. Vorrei non stringere più i denti. Vorrei buttare via l’armatura e smettere di combattere, adesso, subito. Vorrei che tornassero la fiducia e la speranza, la gioia e la leggerezza. Vorrei innamorarmi ad ogni passo. Vorrei ricominciare a pensare che si, tutto è possibile, TUTTO. E vorrei tanto poter sentire ancora amici quelli che no, non erano amici o, forse, si son solo persi, ma il risultato non cambia. Vorrei immergermi in un pensiero e saltare la mia fermata e finire al capolinea e sorridere di me e delle mie distrazioni. Vorrei lavorare, tutti i giorni, come fanno i contadini, con dedizione, con totale presenza, con amore per tutto ciò che fanno. Vorrei cogliere i frutti.
E son rimasta qui, come una cretina, senza poter prendere un treno, un bus, senza cinema, teatro, senza lavoro, senza soldi, senza la forza quasi sovrumana che mi ha condotta fino a questo punto. Con le risate e i pianti di mia figlia. Con il vuoto. Il vuoto. Il vuoto dell’incredulità, dello sbigottimento. Con il vuoto della prigioniera che non aveva avuto la lungimiranza di intravedere le sbarre che si avvicinavano. Non lo credevo possibile. E’ imperdonabile. Il mondo vi ricorderà per come meritate. E io auguro a tutti noi, prigionieri e stanchi, di trovare una strada per ricominciare a fiorire e a gioire, per credere.
Un abbraccio anche se da molto lontano. La situazione è talmente assurda che si fatica a crederla reale. Resta la speranza che Sole non debba viverla per gli anni a venire.
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E’ molto oltre ciò che potevo immaginare. Dovrei andar via pure io, ma non riesco nemmeno a pensare, per ora.
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Non è nemmeno facile andarsene. Io ho seguito mia figlia che aveva già trovato lavoro e si è liberato un posto, avessi dovuto fare da solo sarei ancora lì. Però posso consigliarti di dare un occhio alle pagine Facebook di italiani a Copenaghen. Si trovano offerte di lavoro e qui la bambina potrebbe tranquillamente frequentare il nido. Puoi anche chiedere. Mia figlia ha trovato lavoro così all’inizio. Tanto l’inglese lo sai e qui basta quello.
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