
Pensavo che nessuno dovrebbe morire in un ospedale, con la puzza di disinfettante, il bip delle macchine, i rantoli della gente che si confondono. Pensavo che dovremmo morire al mare o in montagna oppure in mezzo al bosco. Pensavo che la solitudine nei corridoi degli ospedali diventa un lago scuro, profondo, e non hai altra scelta che fare il morto a galla. Pensavo che proprio oggi ho ritirato i risultati delle analisi e volevo parlarne con te che sei il mio medico e zio e padrino, ma tu eri impegnato a morire e deve essere stata una gran fatica. Sei sempre stato paziente e l’Universo ti ha messo alla prova fino alla fine, ma tu hai obbedito. Non ti sei ribellato. Non eri furibondo come me, adesso. Pensavo che il mio cuore è talmente martoriato da non riuscire a sentire più niente. Pensavo che sembravi minuscolo quando ti ho intravisto nel letto d’ospedale mentre tua figlia ti teneva la mano.
Penso che sarò furibonda, per un pò!
Sono scomposta quando soffro e scomposta quando amo e scomposta quando mi arrabbio e io mi arrabbio spesso. Sono un fiume in piena e, pensa che fatica, mentre tu morivi, essere estranea alla compostezza, al garbo, all’unità, all’immobilità che ti circondava. Pensavo che mi sentivo estranea e che volevo tornare a casa, dalla cana. Pensavo che proprio ieri ho rimesso i piedi sulla terra, sul prato, e pensavo che non voglio più passare tanti giorni senza terra, senza vento e senza l’ombra degli alberi che cambia mentre il sole si affaccia tra un ramo e l’altro. Pensavo che l’amore ha una forma precisa e tu hai amato, che la cura ha un protocollo preciso e tu ti sei preso cura. Pensavo a quanta gente ti ha amato, quanti pazienti che ti staranno piangendo adesso. Pensavo al giuramento di Ippocrate che hai onorato e che bella parola era stata, nella mia vita di bambina, la parola dottore. Perché eri tu, erano i nonni, erano quelli che ci tenevano al sicuro, che ci guarivano.

Penso che andrò al mare, a spiegare alla bambina seduta sul bagnasciuga, che può anche essere arrabbiata, che ha il diritto di essere scomposta e penso che presto danzerò ancora.
Sabato sera ballavo il mio fiume in piena. Ho visto un giovane uomo, che ti somigliava tanto, ed era così sorridente mentre danzava, libero. Ho pensato che volevo dirglielo. Avrei voluto dirgli che somigliava a una persona che amavo tanto e che stava morendo mentre noi ballavamo. No, non sono così matta. Non l’ho fatto. Ma volevo solo che sapesse che per me era un gran conforto poter sperare che la tua anima, o il tuo spirito, o quello che vuoi tu, insomma quella cosa che mi ha fatta sentire amata, quella cosa lì, stava ballando leggera, ed era felice.
Pensavo ‘Devo essere davvero orribile’ mentre barcollavo verso l’auto e le lacrime scendevano e singhiozzavo come una bambina e me ne vergognavo tanto. E che si fa quando quelli che ami muoiono? Non si barcolla neanche un pò? Pensavo che volevo tornare nel mio appartamento e buttarmi tra le zampe di Cana e pensavo che questa bestia meravigliosa ha riempito la mia vita d’amore alla faccia di chi spara stronzate del genere ‘è solo un cane’. Pensavo che questa bestiona anziana, che mi sto godendo ogni attimo, ha trasformato un appartamento in casa e una casa in famiglia.
Poi, alla fermata dell’autobus, c’era un gruppo di bambini con i maestri, e ridevano, urlavano, si chiamavano. Erano stupendi. Ho sorriso. Una di loro mi ha guardata con sospetto, ovviamente. Sul cartello della fermata avevano attaccato un foglio con una scritta colorata: “disegni-prendeteli-sono gratis”. Erano fogli arrotolati e chiusi con un nastrino dorato. Ho pensato che fosse un segno del cielo che voleva dirmi qualcosa di buono, che fosse un tuo messaggio, ma sono andata oltre perché non volevo più credere ai messaggi di dio. Volevo essere disperata.
Dopo pochi passi ho fatto inversione a U e ho preso uno dei fogli arrotolati. Non so cosa voglia dire, ma mi ha aperto il cuore; una bambina con le braccia grandissime mi sorrideva dal foglio. Sono felice di averti detto tutto quello che provo per te. Anche tu ne sei stato felice. Sono scomposta e indiscreta quando amo. Non voglio andar via senza aver detto tutte le mie parole d’amore.
Padrino e madrina,tu e zia Pina, avete fatto un buon lavoro con me. La vostra mancanza avrà la stessa intensità che ha avuto la vostra presenza. E, se puoi, zio, quando ti sarai messo a tuo agio, dai un’occhiata alle analisi e fammi sapere che ne pensi.
Carissima,mi sono commossa nel leggerti!!hai trasmesso in me emozioni particolari che non so ben descrivere! coltiva sempre questa tua apparente stravaganza,piena di emozioni,nostalgia,tristezza, rabbia…..tante sensazioni! coltivala sempre,ti aiuterà a stare bene!!tvb
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Grazie: La stravaganza è più reale che apparente, ma ci piace così 😀 Un abbraccio!
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