“Roberta!”
“Si?”
“La pennaaaa…”
“La penna? La penna, cosa?”
“Metti giù la penna. Sai che non si può usare.”
Ma che? Stiamo alle scuole elementari? Che vuol dire che non posso usare la penna? Basquiat è un grande artista e io non posso scarabocchiare (grandi opere d’arte tra l’altro!) sul foglio dei miei appunti? Non stiamo mica alle scuole elementari! Ho quarant’anni, dai! La dottoressa mi sta anche antipatica. E’ arrogante, presuntuosa, litigiosa, scorbutica. A me piace la gentilezza. E, a dire il vero, non sa neanche ascoltare. Ho capito che questa cosa mi fa bene, tutto qua. E dunque, come al solito, provo a stare buona e a vedere che accade. Ma…cazzo…ho quarant’anni! Voglio usare la penna quando mi pare e piace!
Roberta, hai 8 minuti. Ognuno di voi ne ha 8. Poi basta. Li vuoi sprecare distraendoti con la penna? Io, beh, si, li sprecherei volentieri. Vengono fuori i miei mostri dalla penna, si scarica la pressione sul cuore e sul cervello. E non mi dite che scarabocchiare di continuo è la causa di tutti i miei problemi perché sarebbe ridicolo e, se fosse vero, anche solo in parte, mi farei tagliare le mani e farei bandire l’uso delle penne a livello mondiale. Questi scarabocchi sono la mia connessione con dio, quella mattarella. Scarabocchiare è bello. Inventatevene un’altra.
“Roberta, ci risiamo”.
“Cosa?”
“La pennaaaaa!!!”
Oddio, ancora, ma che fastidio ti da. E poi son troppo vecchia per prendere ordini. Non li prendevo a tre anni, dai. La dottoressa è così rigida. E’ convinta che fare a meno della penna e dei miei sacri scarabocchi migliorerà la mia condizione. E’ convinta che la penna mi distragga dal compito più importante che ho: mettere ordine nelle mie emozioni. Non so se fidarmi di una che ha paura dei cani. La dottoressa teme anche i barboncini. Ha l’ossessione che le saltino sulla faccia, che la vogliano uccidere. Pensa che risate si farebbe Cana di fronte a lei. La dottoressa è convinta di saperne più di me sulla vita e su cosa serva a navigarla. Mah!
Eccomi quà, quaranta anni compiuti da un pezzo, un buco nello stomaco nascosto abbastanza bene, senza piú niente da perdere, con l’orologio biologico quasi morto, con un deserto arredato solo di macerie, con i miei viaggi, il mio splendido curriculum, il frigo vuoto, la cana e i debiti, e nessuno su cui contare. E siamo da capo a dodici? Si. Conto sulla fortuna dell’eterna principiante. Ma questa ossessione di privarmi anche dei miei scarabocchi, mi rende abbastanza nervosa.
Doc – vorrei dire – si è mai ritrovata con un soldato che le puntava un mitra in faccia, o con un buco nell’anima di primo mattino, o con la casa deserta improvvisamente, o con un sacco di insulti a posto del lavoro che faceva con tanto amore? Doc – vorrei urlare – si è mai ritrovata senza soldi, senza amore, senza famiglia, senza pace, senza speranza? Improvvisamente? Sola con una cana a Natale? Doc – vorrei gridarle in faccia – crede che avrei bisogno di scarabocchiare o di spendere i pochi soldi che ho o di fare la brava come a scuola, se avessi incontrato la giustizia, la gentilezza, l’amore?
“Roberta, hai fatto i compiti?”
Mi viene da ridere. Come volassi sulla stanza, sul team di professionisti, sulle malcapitate che fanno la terapia, sul mondo intero, vedo l’assurdità dell’ esistenza, l’assurdità di esseri umani incartati in un dolore per il quale sarebbe bastato un abbraccio lungo il tempo di guarire. Mi sarebbe bastato sentirmi al posto giusto al momento giusto. Lo sono. Lo siamo tutti.
“Si, doc, ho fatto i compiti e prometto di non fare più gli scarabocchi”
Così, le ho dato un’occasione. Volevo imparare a prendermi cura di me. Ho smesso di scarabocchiare, ma solo nelle ore in cui facevo quello strano training. Mi serviva a imparare dove si mettono le emozioni, cosa farne, che forma hanno. Ho imparato. A volte mi sono distratta e sono stata rimproverata per aver ricominciato a fare gli scarabocchi. Mi annoiavo. Mi annoio spesso. Vedo, sento, percepisco troppe cose contemporaneamente. Per questo mi piace lo sport, la fatica; adoro le sfide e gli scarabocchi. Sono occasioni per distribuire meglio l’energia esuberante.
Ho dato un’occasione alla dottoressa scorbutica (alla quale voglio bene, comunque), alla sua collega più gentile e alle mie compagne di viaggio, e ha funzionato. Per me ha funzionato. Volevo che funzionasse. Non ho altro che me stessa e Cana, mi son detta. Devo arrivare in fondo. Come sempre, ho vinto, perché il premio era la vita e non potevo arrendermi.
Sono molto grata perché in meno di un anno ho avuto in mano gli strumenti per vivere con gioia in qualunque tempesta, per risalire da qualunque fondo. Le schede dello Skills Training Manual for Borderline Personality Disorder di Marsha Linehan che ho compilato con diligenza, le sedute di gruppo, le volte in cui ho rinunciato ai miei scarabocchi, l’umiltà con la quale ho sopportato di essere vivisezionata per anni e di ricominciare sempre, la determinazione di realizzare la mia vita a tutti i costi, mi hanno portata quà, con una compilation di splendidi scarabocchi nella tasca e una pila di fogli bianchi ancora tutti da scarabocchiare e decine di quaderni di appunti da riportare alla luce.
Cara signora Linehan, i prossimi scarabocchi saranno tutti per lei e saranno bordati di immensa gratitudine. Che sia benedetta sempre!