
La serata volgeva al termine. Non mi sentivo più i piedi. Dopo oltre cinque ore di performance ero arrivata allo stremo delle forze, eppure non potevo smettere di sorridere. Quella che vedete in foto, seduta a far defluire il sangue dalle gambe stanche, non è Constanza e non è ancora neanche Roberta al 100%. E’, piuttosto, una creatura ibrida che appare nei passaggi da personaggio a persona e viceversa. Roberta non lascerebbe mai intravedere una giarrettiera con tanta disinvoltura (non la indosserebbe nemmeno: le fanno allergia e son talmente scomode!), non esibirebbe pubblicamente i suoi attributi, non metterebbe in mostra le doti pettorali (sugli addominali c’è ancora taaaantooo da lavorare!), non riderebbe così sguaiatamente, non aprirebbe le porte di casa a tutto il mondo.
Roberta è timida, giuro; lei è una persona riservata, delicata, una il cui mondo interiore sta ben nascosto, protetto dalle incursioni malvagie di certa gente. A lei piace stare con Cana, scrivere, leggere, guardare film in lingua originale, viaggiare, cucinare, arrampicare, nuotare, guidare, inventare, studiare, lottare,,,va bene,lo ammetto, non è una tipa tranquilla. Ma sul fatto della timidezza son molto seria. Roberta farebbe qualunque cosa per non farsi vedere. Ha paura che le accada di nuovo. Fa la contro mossa prima di vedere la mossa. Non vuole essere abbandonata. Con Cana non corre rischi. Sono una cosa sola. Come potrebbe lasciarla una parte del suo stesso corpo?
Ma Roberta ha un’arma segreta. Sa prestare se stessa a qualcun altro, sa essere personaggio. Quando la magia si compie, lei è finalmente libera, nuda, viva. Quando il passaggio è completato, Roberta si lascia guidare, rimane senza difese, si fida. Trova una voce per dire ciò che non oserebbe mai, obbedisce.
Questo mestiere magico (che non è neanche più mestiere ahimè, ma quasi una missione impossibile!) mi permette di piegare il cuore, il corpo e la mente a uno scopo superiore, mi disciplina e mi apre, mi spoglia, mi rimette al mondo e in gioco. E’ un mestiere sacro, dove buffi e fragili sacerdoti, praticano riti per aprire porte di anime. Non è una vuota esaltazione dell’Io. E’ un atto di generosità egoista. E’ un canto d’amore per la vita e per il genere umano, che, finalmente, si lascia avvicinare perché sa che abbiamo tutti i nostri abiti di scena. Ci sentiamo al sicuro quando scopriamo di somigliarci.
Vi è mai capitato di andare a teatro o al cinema e di uscirne stravolti, cambiati, con nuove prospettive, nuove idee, progetti futuri? Ecco a cosa serviamo,noi, buffoni e buffone, saltimbanchi e avanzi di palcoscenico. Passiamo ore e giorni e mesi a studiare un’intonazione, un gesto, una postura, uno sguardo; trascorriamo tanto di quel tempo a esercitare corpo-cuore-mente per restituire un universale che altrimenti non si potrebbe dire. E trascorriamo ore, giorni,mesi, anni,vite a procurarci da mangiare in ogni modo pur di tornare ancora a meravigliare e a meravigliarci!
Questo mestiere è il più grande atto d’amore, di volontà e di fede che io abbia mai fatto e, a sera, prima di addormentarmi per cavalcare i draghi dei miei incubi,mi dico sempre: ‘Brava! Non ti sei mai arresa!’. Poi la guardo.Lei batte qualche pigro colpo di coda. Le dico ‘Ti amo’ e spengo la luce. Buonanotte!
Ammiro chi riesce nel mestiere dell’attore. Mette in scena le fantasie di chi scrive.
Si dona. E dona.
Hai ragione, è un atto d’amore.
(Ad eccezione di quelli che impersonano gli “artigiani della qualità…”)
😉
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