Piantando pace nei buchi di silenzio

Albori di Cana
La cana quando aveva 40 giorni

A un certo punto, improvvisamente, si è fatto un silenzio enorme. Si è aperto un buco di silenzio proprio al centro del mio corpo. Pioveva a dirotto sui vetri della Camilla. Era notte e viaggiavo per le strade di Roma, che non amo più come un tempo: il traffico, il rumore, le distanze enormi, la gente stanca e arrabbiata, non mi fanno più compagnia come succedeva in passato. La pioggia è incessante. Colosseo illuminato da una tenue luce gialla. Sssshhhh, perché non facciamo il gioco del silenzio? Ho un cratere enorme al centro del corpo. Il tergicristallo comprato dai cinesi fatica a combattere con la pioggia arrabbiata. L’acceleratore sembra pigiarsi da solo. La stessa luce gialla illumina la Piramide e poi uno scorcio del gazometro. La primavera arriva a suon di pioggia. Bisogna prepararsi a fiorire. Cerco parcheggio. E’ notte fonda. Viale Marconi deserto. Automobili parcheggiate ovunque. Il tergicristallo cinese scricchiola e si lamenta. Le mie lacrime fanno più o meno lo stesso rumore. Ma c’è un silenzio grandissimo al mio centro. Non mi importa. Non ho abbastanza presenza perché mi importi di qualcosa. Sto ai margini del buco di silenzio e guardo in basso. Non vedo il fondo. Era necessario che arrivasse questa fine. Era indispensabile che non ci fosse neanche più una parola, nemmeno la musica doveva esserci. L’acceleratore continua a lavorare da solo. Procediamo lentamente, molto lentamente. Gli alberi al centro della corsia sono rassicuranti: l’unica Natura disponibile nel giro di chilometri. Gli alberi stanno zitti. Neanche il clacson del furgoncino che mi sorpassa rabbioso fa abbastanza rumore per interrompere il vuoto. Luce gialla, silenzio, Roma, palazzi brutti. Ground zero.

La primavera sta arrivando a suon di pioggia. Negli sprazzi di sole un paio di api vanno a ciucciare i capezzoli dei fiori gialli del mio balcone. Credo che la neve abbia ucciso un cactus. La primavera deve fiorire. E’ il suo unico dovere.

Trovo un parcheggio. Non vedo bene i confini  a causa delle lacrime, oppure perché sono astigmatica. E’ acqua benedetta, comunque. Manda via ciò che non deve star dentro perché marcirebbe. Sono cascate che scavano un enorme buco di silenzio, il santo silenzio. Metto il bullock ai pedali. Rimango seduta a fissare le gocce che cadono sui vetri. Non fanno rumore. Grazie. L’aria adesso è diventata rossa, non è più gialla. L’enorme strada di palazzi orrendi, con gli alberi al centro e le automobili parcheggiate ovunque è diventata un’astronave rossa. Apro lo sportello e scendo. Piove. La pioggia fresca mi cade sul viso. Va bene così; speriamo non faccia rumore. Mi domando se riuscirò a cancellare davvero ogni alito di suono,se potrò estendere all’infinito quest’area di silenzio. Procedo in modalità automatica, di notte, con lo zaino rosso sulle spalle e una busta di stoffa bianca con una scritta antimafia su un lato e una giraffa che sorride sull’altro(le giraffe non sorridono!). Una ragazza a bordo di un’utilitaria rallenta e mi guarda. Devo avere un aspetto orrendo. Per fortuna non si ferma.Cosa le direi? Mi sto scavando un burrone di silenzio perché non ho più nessun suono utile?Piango perché le acque non piante fanno marcire le anime? Ah, ecco cosa le direi. Piango perché sono triste e sono triste di una giustissima tristezza e no, non sono matta, non abbastanza, ma sono certa che su queste acque costruirò un altro bellissimo castello di sabbia, di conchiglie e pezzi di vetro colorato, nel quale nascondere biscotti per il mio cane e storielle per i bambini.

Un raggio di sole penetra dalla finestra e la cana ci si spalma in mezzo. Si addormenta. Che pace c’è nei silenzi delle bestie! La primavera sta per fiorire e io penso a cosa seminare nei miei vuoti. Sto scavando per seminare pace.

Rientro a casa. Appena apro la porta cambia tutto. Improvvisamente la scena è illuminata come lo stadio Olimpico durante un concerto, una band suona tutte le mie musiche preferite e sono tutte contemporaneamente belle. Le lacrime schizzano sulle pareti per colpa delle risate. Lei corre a prendere la papera di gomma, infila la testa tra le mie ginocchia e si lascia impastare il pelo e bagnare le orecchie. Ti amo, dico, e mi sembrano le uniche parole alla quali posso fare spazio e ‘grazie’  anche questa è una parola da piantare nel mio giardino di primavera. Intanto penso che il silenzio può essere un grandissimo atto d’amore, che nessun silenzio sa dire meno della verità. E spero di far pace con gli esseri umani.

 

Pubblicato da Floppartista

Roberta Guerrera is an actress and multidisciplinary artist born in Italy. She is graduated in theatre and cinema. Since having finished a BA in Theatre and Drama at La Sapienza University in Rome she has branched into experimental and socially inclusive theatre and has studied and performed with artists from England, Czech Rep, Spain, Russia, Argentina, Denmark, Germany, Egypt, Australia and Italy. She has performed with touring companies and also with her own groups such as OffProjectTheatre and Off Theatre. She has been featured in many stage productions, plays, movies and dance perfomances. She has been leading workshops in theatre and drama, has worked in many theatre integrated courses for ‘Italian Federation of Social Theatre’ and collaborates with Teatro Patologico. Artistic director in many children theatre festivals she has worked on plays and workshops exclusively directed to young people. She is also a playwright, screenwriter, a contributor to magazines and journals and a novelist. Her plays have been staged in various contemporary art festivals in Italy. She is currently working as actress in Italian theatre and cinema productions and as theatre and drama teacher with schools and art factories in Lazio (Italy). She also works in contact-tango, physical theatre and contact-improvisation, creating and participating in performances. She's obsessed with stories: telling, listening to, eating, acting, inventing them. It's everything about stories!!!

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